L'osteoporosi è una malattia caratterizzata dalla progressiva riduzione della densità delle ossa (che diventano più porose) e dall'assottigliamento delle ossa stesse al di sotto del limite necessario per lo svolgimento della funzione di sostegno da queste esercitata.
Per le loro caratteristiche di durezza e scarsa flessibilità, le ossa costituiscono di fatto l'impalcatura sulla quale si regge il corpo, a cui conferiscono forma e limite, garantendogli stabilità e possibilità di movimento.
Il tessuto osseo che le costituisce contiene minerali quali calcio e fosfati; è una struttura dinamica che va incontro a un continuo rimaneggiamento (rimodellamento), attraverso i processi di formazione di nuovo tessuto osseo e riassorbimento di tessuto osseo, per tutto il corso della vita, anche dopo la fine della fase di accrescimento corporeo. La regolazione dei processi di rimodellamento è affidata a un meccanismo ormonale, che coinvolge prevalentemente l'ormone paratiroideo (prodotto e immesso nel sangue dalle ghiandole paratiroidi, situate ai lati della tiroide), la vitamina D e la calcitonina.
Altri regolatori ormonali del rimodellamento osseo comprendono gli ormoni sessuali (estrogeni, testosterone), gli ormoni tiroidei, i corticosteroidi (tra cui il cortisone), l'insulina e i fattori di crescita (tra cui l'ormone della crescita). Ogni anno può essere depositato e rimosso fino a circa un quinto del calcio totale scheletrico.
Nei soggetti giovani adulti le quantità di tessuto osseo riassorbito e formato si equivalgono, mentre negli individui anziani, e in particolare nei pazienti con osteoporosi, la quantità di nuovo tessuto osseo è inferiore a quella distrutta, per cui la massa scheletrica va incontro a una progressiva diminuzione. Infatti, con l'avanzare dell'età sia gli uomini sia le donne dopo i 50 anni perdono dall'1 al 3 per cento di massa ossea all'anno.
In particolare, nell'osteoporosi la riduzione di massa ossea si accompagna a un'anomala mineralizzazione del tessuto osseo superstite, cioè ad alcune anomalie del processo attraverso il quale i minerali come calcio e fosforo si depositano all'interno del tessuto osseo. Questo comporta un deterioramento della sua architettura che ne determina un aumento della fragilità e, di conseguenza, un aumento del rischio di fratture in seguito a traumi anche di minima entità.
L’importanza della associazione tra inattività fisica e osteoporosi è stata evidenziata da varie ricerche che hanno indicato che, le fratture osteoporotiche, principalmente quelle dell’anca, sono le fratture maggiormente riscontrabili in persone con uno stile di vita più sedentario rispetto alle persone che conducono una vita più attiva. Ad esempio, le donne che siedono per più di 9 ore al giorno hanno il 50% in più di probabilità ad avere una frattura dell’anca rispetto a quelle che siedono meno di sei ore al giorno. Chi fa esercizio fisico favorisce lo sviluppo delle ossa aumentando la BMD (Bone Mass Density) dell’1-3%. Inoltre, l’attività fisica nelle donne in post-menopausa aumenta la BMD, negli anziani riduce la perdita della BMD in quelle regioni dello scheletro dove si esercita il peso e il carico come la colonna vertebrale e il collo del femore.
Per comprendere come l’attività fisica agisce indirettamente sul metabolismo anabolico e catabolico del segnale nelle cellule ossee, si deve ricordare che i fattori di rischio endogeni di osteoporosi sono identificati come locali e sistemici che, pur non essendo modificabili, possono interagire con quelli esogeni modificabili come gli stili di vita. Questa interazione è particolarmente importante negli adulti, donne e uomini in cui avvengono importanti cambiamenti ormonali. Per tale motivo gli stili di vita, come l’attività fisica, hanno un ruolo significativo nell’interferire sul meccanismo d’azione degli ormoni sessuali steroidei (estrogeni, progestinici, androgeni). Gli ormoni sessuali sono molecole determinanti per la qualità della salute sia della cartilagine che dell’osso in quanto hanno la capacità di regolare la meccano-trasduzione e, pertanto, di controllare indirettamente il metabolismo del tessuto osseo.
Ecco alcuni effetti positivi sull’osso che risultano di estrema importanza per il benessere dell’individuo:
‒ mantenere un buon livello di trofismo osseo che favorisce la prevenzione delle cadute e delle fratture;
‒ incrementare la funzionalità, la forza e la struttura muscolo-scheletrica che facilita la stabilità dell’individuo;
‒ avere maggiori stimoli meccanici esercitati sull’osso;
‒ ottenere la riduzione dei dolori muscolo-scheletrici particolarmente del dolore lombare con conseguente miglioramento dell’equilibrio fisico e la postura;
La spondilite anchilosante (SA) è una malattia reumatica cronica e sistemica, per la quale non è disponibile al momento un trattamento efficace. L’esercizio fisico svolge un importante ruolo nella prevenzione e trattamento delle deformità generate da questa malattia. In questa malattia è indispensabile alleviare il dolore, mantenere o recuperare la mobilità della colonna vertebrale e prevenire la comparsa di deformazioni. Per raggiungere questi obiettivi è molto importante che, nella fase più precoce possibile, vengano realizzati esercizi di mobilità attiva e tonificazione (concentrandosi sui muscoli estensori del rachide, sui glutei e in generale sui muscoli del dorso). La scarsa attività fisica insieme con la terapia con steroidi e l’aumento del catabolismo proteico indotto da alcune citochine come il fattore di necrosi tumorale (TNF) provocano una perdita importante di massa muscolare nei pazienti con artrite infiammatoria cronica. Perciò, l’attività fisica, po...
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